sabato 6 settembre 2014

A TORTUGA IN PEDALO' racconto di Giovanni Rossi

Sulla spiaggia c'erano troppe alghe, seminate come capelli arruffati, e in fondo una roccia lunga e bianchissima come un osso; nessuno avrebbe pensato a un'isola da raggiungere, Tortuga, e alle sirene spiaggiate di cui erano rimasti ciuffi di capelli; per fortuna c'erano i bambini, e qualcuno di loro, non ci giurerei ma penso si trattasse del capitano in persona, raccolse il guscio di una cozza, e gridò con quanto fiato aveva in gola: - Questo doblone nero sarà per il primo che avvisterà Tortuga! - La ciurma si levò in un unico grido; due piratesse si misero la fascia sui capelli (in realtà si trattava di brandelli del jolly roger) e ci incamminammo.
Il primo ad avvicinarsi fu un incauto venditore di cocco.
- Lo tortureremo e ne faremo pastura per squali - disse il capitano.
- Meglio prenderlo vivo - fece una piratessa - il cocco è buono. - Tesoriere provveda lei - fece l'altra intimandomi di avanzare. Obbedii e subito dopo mi spostai di nuovo nelle retrovie; c'era ancora molta spiaggia da percorrere.
All'improvviso un bambino urlò come se avesse visto il fantasma del pirata Morgan: era un ammasso gelatinoso di alghe e spugne grande come un barile di grog.
- Sarà la testa di un cucciolo del Leviathan - esclamò un gracile piratino spostandosi dagli occhi il ciuffo di capelli bagnati.
Tutti sussultarono di terrore. - Niente paura - una voce si levò dalla ciurma - basta girare a largo. - Dopotutto avevamo una rotta e quando fu avvistato il pedalò, un grido disumano squarciò il cielo: - Quel brigantino è nostro - urlò il capitano, - arriveremo all'isola in un attimo.
Quando fummo sopra qualcuno già stava sullo scivolo creando disordine; e fu allora che il capitano si inferocì e minacciò di prendere il gatto a nove code e mettere alla frusta gli indisciplinati.
- Vi levo la pelle da dosso, luridi pendagli da forca!
Dritto a prua, a circa mezzo miglio, sembrava che due motoscafi puntassero proprio verso di noi.
- Sono corsari inglesi e francesi! - fecero le piratesse.
- Allora sono come noi! - rispose qualcuno.
- Non proprio, sono pirati anche loro, ma raccomandati!
- Proprio come il mio compagno di banco! – intervenne una vocina maligna dalla ciurma.
- Bando alle chiacchiere – disse il capitano - pedalare a tutta forza!
Incassai le spalle e pedalai più forte che potevo; il mio compagno a stento arrivava ai pedali e il piccolo timoniere chiedeva di continuo quanto mancava per il bagno, sebbene avesse mangiato tre gelati giusto cinque minuti prima. Alla vista del primo trabucco tutti alzarono il mento: da quella masso di corde, reti e argani pendevano alghe, pesci palla, stelle marine e diversi bucanieri lasciati al sole chissà da quanto.
- Ma i trabucchi non servivano per pescare? - chiese qualcuno.
Tutti risero per quella baggianata; era evidente che si trattava di strumenti di tortura per chi infrangeva il codice della filibusta. Poco dopo attraccammo su uno sperone di roccia. Qualcuno ebbe timore che si trattasse dell'isola delle sirene; nel dubbio il saggio capitano disse ai suoi marinai di scendere ma di tapparsi le orecchie, tutti tranne le piratesse. - Le sirene non attaccano le donne – spiegò il capitano strizzandomi l'occhio e facendomi intendere che la sapeva lunga sulla solidarietà femminile.
Sull'isola non c'era anima viva, a parte un anziano pescatore dalla pelle grinzosa che catturava gamberetti con un retino e una coppietta di fidanzati che si mettevano a vicenda una specie di unguento bianco e appiccicoso suscitando il disgusto di tutta la ciurma.
Per essere l'isola di Tortuga, la famosa isola dei balocchi fatta su misura per i pirati, era un po' scarna, convennero tutti.
- Uccidiamo il pescatore – propose il solito piccolo bellicoso.
- Anche i gamberetti sono buoni! - lo rimproverò una piratessa.
- Ma abbiamo il cocco!
- E se finisce?
- Uffa, ma che razza di pirati siamo se non uccidiamo mai nessuno? - si allontanò deluso, il piccolo sanguinario.
Le piratesse fecero spallucce, e gli altri cominciarono a dare segni di malcontento. Il sole era alto, il caldo intenso e quella lingua di roccia, bianca e desolata, destabilizzò l'umore di tutta la ciurma.
- Tutti a fare il bagno! - urlarono.
- Ma è ancora presto, avete mangiato come balenotteri! - obiettai.
Niente da fare, nuotavano già come girini impazziti.
- Il pedalò chi lo riconsegna? - urlai.
Le due piratesse da lontano puntarono il dito verso di me.
- Io? Perché io?
Nessuna risposta.
Mentre il pescatore stava chinato in una buca e armeggiava con il retino, afferrai al volo il secchiello pieno di gamberetti, feci un balzo sul pedalò e mi diressi verso il lido per la riconsegna del vascello. Dopotutto ero io il tesoriere della ciurma. Il bagnino da lontano già si sbracciava indicandomi di pedalare nella passatoia tra le due file di boe, e batteva con la mano sull'orologio. Allargai le braccia come a fargli capire: lo so, lo so, abbiamo sforato la mezz'ora, ma sono pur sempre pirati, più di tanto non si può pretendere.

Quasi a riva, con un occhio al resto dei bucanieri che giocavano e si schizzavano tra loro, vuotai il secchiello e liberai i gamberetti; il mare si dipinse all'improvviso di mille piccole chele arancioni, lo stesso identico riflesso del sole all'orizzonte.

Vieste 30.08.14 - A Chiara e Valentina