martedì 7 gennaio 2014

Il muro della caserma Guidoni

Cammino in discesa la mattina e in salita il pomeriggio, perché c'è un percorso per la mattina e uno per il pomeriggio, gli alberelli stenti, la salita verso i campi da tennis, i pini che s'alzano sempre e puntualmente collassano come le buone intenzioni, le case che si sgretolano a ogni rogito, la caserma Guidoni che il lato a sud è la mia Berlino dell'est, dove c'era un muro tra l'Istituto Marco Polo e la scuola elementare e dentro il muro un buco fatto da una bomba che aveva più o meno la forma di un cuore, forse quello di mamma, forse il mio, forse quello dei bambini che ci giocavano a pallone coi pantaloni di velluto e le toppe; ora la caserma è un deserto e la possono fare bella quanto vogliono e ci possono mettere i poliziotti o i giudici, i pompieri, il sindaco, il duce, le mongolfiere, o mille bue Apis in fila come i beneventani che stanno tutti qua, poi tutti là, poi tutti altrove, e sono sempre loro, come me che giro in tondo, cane e coda, fino a fermarmi al centro della caserma che ora è una terriera di ghiaia e ci piscio sopra e dalle ceneri fumanti rinascerà sempre quel muro col buco dentro a forma di cuore, sempre due scuole, una di qua e una di là, e sempre io, con due ali che corrispondono da un lato al mercato e dall'altro alla villa comunale con la fontanina che adesso è un bidè di marmo mentre prima era fatta a grappoli di pietra e muschio, ora rotolate con tutto il graspo vicino al muro della caserma.